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Ut Musica Pictura
Raffaello e la musica del Rinascimento 

Come la musica, la pittura. Nella pittura, la musica.

Il profondo fascino dei dipinti di Raffello a partire dalla raffigurazione estremamente dettagliata degli strumenti musicali dell'epoca: da questa suggestione l'ensemble Sensus ha colto il punto di partenza per un viaggio musicale tra i più grandi compositori rinascimentali coevi al pittore urbinate. Come se dall'immagine nascesse il suono, la particolarità del concerto risiede infatti nell'impiego di strumenti musicali ricostruiti a partire da quelli riprodotti nelle opere del genio di Urbino: Il Parnaso, La Scuola di Atene, La Pala degli Oddi, fino ad arrivare ovviamente all’Estasi di Santa Cecilia. Il liutaio Michele Sangineto, storico autore da più di quarant’anni di accurate riproduzioni di strumenti rinascimentali - per i quali ha ottenuto importanti riconoscimenti nazionali e internazionali - ha potuto ricostruire quegli stessi strumenti nel rispetto dei rapporti dimensionali, della morfologia e della fisica acustica. Nel concerto prendono così vita:

- l’organo portativo (capovolto e sorretto dalla figura di Santa Cecilia al centro del dipinto)

-  il flauto a tre buchi e il tamburino (raffigurati nella stessa opera, ai piedi di Santa Cecilia)

-  i tamburi a sonagli

- la lira arcuata (imbracciata dalla figura più a destra dei tre suonatori centrali nel Parnaso): strumento che rappresentava l’evoluzione moderna della lira orfica

- l'arpa rinascimentale, che ritroviamo imbracciata da un angelo nella Pala degli Oddi

Nella performance, inoltre, sono presenti altri strumenti:

- la claviharpa, tipicamente rinascimentale, strumento che non trova riscontro in alcuna fonte scritta, di cui si possiede solo una dettagliata iconografia nel Fregio delle arti liberali, dipinto dal Giorgione presso la sua abitazione di Castelfranco Veneto. Tale strumento ha una forma stravagante, riconducibile a quella di un’arpa, alla quale, in via deduttiva, sono stati applicati dei “tasti” o, più probabilmente, dei “salterelli” (come sul clavicembalo) che pizzicassero le corde al posto delle dita.

- il salterio, strumento strettamente imparentato con il monocordo di Pitagora, e che per la sua particolare forma, suono e rimandi all’ordine delle sfere celesti è spesso rappresentato nella pittura dell’epoca, come ad esempio nella cupola della Beata Vergine dei Miracoli di Gaudenzio Ferrari, definito “il Raffaello del Nord”.

 

Il ruolo centrale della musica nel Rinascimento è ben illustrato dal famoso dialogo di Baldassarre Castiglione, il Cortegiano (1528), testo chiave della cultura dell’epoca e spaccato del mondo della corte umanistica. Il perfetto cortegiano, per elevare il suo animo, oltre che approfondire l’abilità nell’uso delle armi e la conoscenza delle lettere, deve essere anche «musico», e perciò deve essere “sicuro a libro”, cioè saper leggere la partitura e comprendere la teoria musicale, nonché avere abilità nel canto e padroneggiare l’utilizzo di “varii instrumenti”. Perciò l’autore descrive con dovizia gli strumenti musicali che Federico da Montefeltro teneva nel suo studiolo.

Come nella musica, le azioni dell’uomo di palazzo devono produrre lo stesso effetto armonico “di cosa sprezzata”, in cui l’espediente è celato per evitare ogni artificiosità, producendo così una sorta di “concerto” armonico fra tutte le virtù.

Tutte queste caratteristiche le ritroviamo puntualmente nell’opera di Raffaello, e non è un caso infatti che il dialogo del Cortegiano si svolga proprio alla Corte dei Montefeltro, a Urbino, terra natale del pittore, tant’è che Raffaello stesso a sua volta rese tributo al Castiglione nel ritratto che ne fece, ove l’introspezione psicologica ne denota una profonda conoscenza.

La musica, intesa come armonia, ovvero insieme di relazioni matematiche fra note, di consonanze e dissonanze, offre una motivazione profonda alla sua presenza nella cultura umanistica, soprattutto in un’accezione teorica, basata sul riferimento alla filosofia neoplatonica di Marsilio Ficino ben nota al Castiglione. L’Umanesimo contribuì infatti notevolmente alla riscoperta dei classici, permeato com’era di quel neoplatonismo, che fondeva la religione Cristiana al pensiero di Platone e Pitagora.

La profonda conoscenza di queste dottrine influenzò l’opera di Raffaello, che nella sua Scuola di Atene ritrasse Pitagora intento a formulare la sua teoria cosmogonica, rappresentata in una lavagnetta ai suoi piedi.

Le sue intuizioni filosofico-matematico-musicali lo portarono infatti a sviluppare quella teoria fondandola sull’analisi dei suoni ottenuti da un monocordo, fissando il concetto di armonia nel rapporto tra i numeri e le note musicali, ottenute per frazionamento della corda di quello strumento. Celebre è infatti la sua frase “studiate il monocordo e scoprirete i segreti dell’universo”. Per il filosofo infatti, l’universo, assimilabile ad un monocordo, sarebbe costituito da un filo ininterrotto, in grado di collegare la sfera celeste a quella terrestre, per cui ogni singola vibrazione di questo produrrebbe diversi effetti sulla realtà. Per estensione poi il monocordo si riferirebbe anche alla figura dell’Uno (Dio), in grado di creare ordinatamente le moltitudini del mondo.

Fu Severino Boezio (VI sec.) ad attribuire l’invenzione di questo strumento a Pitagora, e Franchino Gaffurio, teorico, compositore, cantore, insegnante e amministratore, il perfetto uomo colto del Rinascimento, nei suoi avvincenti disegni, mille anni dopo indica ancora Pitagora come ideatore della scala diatonica.

La pittura raffaellesca è totalmente intrisa da queste idee umanistiche che balzano vivide a un occhio esperto: il ribaltamento delle note dal grave all’acuto nell’organo dell’Estasi di Santa Cecilia, nonché il distacco di alcune delle sue canne o gli strumenti abbandonati al suolo, sono chiari riferimenti simbolici alla musica “terrena” e all’elevazione verso quella “celeste”, in cui leggiamo quanto l’opera di Raffaello veicoli la concezione che la musica possa condurre verso la perfezione divina.

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Sensus  -  dir. Marco Muzzati

Arianna Lanci: canto

Adriano Sangineto: organo portativo, lira arcuata, galoubet, claviharpa

Marianne Gubri: arpa rinascimentale

Marco Muzzati: salterio, percussioni, voce recitante

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